Andreotti Roberto - 2006 - Classici elettrici: Da Omero al tardoantico by Andreotti Roberto

Andreotti Roberto - 2006 - Classici elettrici: Da Omero al tardoantico by Andreotti Roberto

autore:Andreotti Roberto [Andreotti Roberto]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Literature & Fiction, Foreign Languages, Italian, History & Criticism, Ancient & Classical, Criticism & Theory, Movements & Periods
Amazon: B008BKSHVU
editore: Bur
pubblicato: 2012-06-12T22:00:00+00:00


HERMANN BROCH

5. L’Eneide di Vienna

Di un Virgilio davvero moderno – e finalmente non più solo romantico, pallido imitatore di Omero – si deve parlare oggi, a freddo, anche per La morte di Virgilio del viennese ebreo Hermann Broch? Nessuno può negare che egli sia iscritto, sia pur fuori serie (da romanziere), nella rinascita virgiliana novecentesca, quando il fantasma viene estratto dal limbo in cui lo aveva messo la filologia del XIX secolo, e batte, proprio in area tedesca, colpi da far tremare: è tornato l’altissimo poeta, alter Homerus, non copia. Ma non sembra tanto questo il punto su cui alligna Broch. È soprattutto la sovrapposizione delle epoche e dell’Erlebnis, che lo infiamma.

Mentre i marmi di Roma specchiano i bagliori della dittatura, nel vergil – siamo verso la fine degli anni Trenta – l’età aurea della quarta egloga viene smascherata; Augusto incassa le stilettate del suo poeta «di Stato» che, fallito, ha deciso di sfilargli l’Eneide (il poema storico di Roma) e di portarsela nella tomba; i programmi iconografici Zanker – una poderosa macchina di consenso – appaiono fragili quinte da romanzo per transcodificare l’imminente deflagrazione del Moderno (un erede della Finis Austriae sa bene dove mettere le mani).

Non attecchisce tanto invece la renaissance filologica dell’Eneide: «È solo una discreta copia dal modello omerico, un vuoto nulla», fa dire Broch al suo poeta. La pietra tombale ottocentesca non è stata rimossa. Così si devono separare chimicamente i due Virgili di Broch, il Virgilio-personaggio e il Virgilio-poeta. Il primo delira, febbricita a Brindisi dopo l’ultimo viaggio in Grecia, sembra resistere ad Augusto, allegorizza moltissimo, agisce un pensiero postromantico, un po’ «esistenzialista», alla Kierkegaard e alla Barth; ha digerito Hofmannsthal e Bachofen, ha amato le Elegie duinesi di Rilke, ha letto Kafka, Thomas Mann e Leo Frobenius, e anche Il dramma barocco tedesco di Benjamin; emette prolungate allucinazioni cromatiche, che ondeggiano sullo schermo del romanzo come in un’odissea alla Kubrik. Il secondo Virgilio invece dovrebbe coincidere col profilo del suo corpus poetico, un palinsesto comprendente anche storia del testo, tradizione dei commenti e delle interpretazioni: ma l’orologio di Broch, qui, ha le lancette indietro.

Come una cartolina fosforescente il Vergil trascolora e ci guarda in modo diverso a seconda di come lo incliniamo. Il tema della partitura sinfonica, eseguita in quattro movimenti-variazione, quasi dei mantici cosmici (Acqua-L’arrivo, Fuoco-La discesa, Terra-L’attesa, Etere-Il ritorno), è abbastanza esplicito: il Fortleben di uno scrittore moderno, il quale giunto ultracinquantenne nel mezzo della crisi, trova il suo capolavoro incontrando lo scrittore antico, inviso ai romantici, in una cella delle prigioni naziste, come scrisse Ladislao Mittner. Se si chiudono gli occhi arriva il 19 a.C., quella crisi è la cabina del naviglio augusteo che solca l’Adriatico, è il porto di Brindisi al crepuscolo; è una stanzetta spoglia, la finestra sul mare per dissolvenze da incubo... Sono le ultime diciotto ore di vita di Virgilio, il quale ha deciso di distruggere il poema «di» Ottaviano Augusto («Bruciare l’Eneide, bruciare l’Eneide» – in quanto ha mancato il bersaglio della conoscenza – «al



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